martedì 23 giugno 2015

KADDISFLY - Horses Galloping on Sailboats (2015)


Ci sono voluti ben otto anni ai Kaddisfly per arrivare alla realizzazione di Horses Galloping on Sailboats. Il quintetto di Portland aveva chiara la visione del proprio percorso fin da dieci anni fa, quando uscì Buy Our Intension; We'll Buy You a Unicorn: pubblicare una trilogia incentrata più o meno sulla spiritualità che lega l'essere umano alla natura, ma che subì un colpo d'arresto inaspettato dopo il secondo capitolo Set Sail the Prairie, del 2007, con l'uscita dal gruppo del bassista Kile Brewer per un improvviso trasferimento da Portland a Denver. Con la promessa che prima o poi Horses Galloping on Sailboats sarebbe stato registrato, i quattro superstiti dei Kaddisfly misero il gruppo in aspettativa e, nel 2008, formarono un'altra band dal nome Water & Bodies, concentrandosi su un rock più di maniera.

Nel 2010 Brewer fece ritorno a Portland, ma a quel punto dovette sostituire il chitarrista Kelsey Kuther nei Water & Bodies, dato che nel frattempo quest'ultimo si era dedicato ad altri progetti musicali. Ma, all'inizio del 2013, arrivò finalmente la notizia che i cinque membri originali dei Kaddisfly erano tornati a lavorare insieme, annunciando di aver cominciato la pre-produzione di Horses Galloping on Sailboats. Dopo tutte queste vicissitudini siamo arrivati al presente. Il terzo e conclusivo album tanto atteso esce nel solstizio d'estate, anticipato da brevissimi video criptici, nessun pre-ordine, nessun singolo, nessuno streaming, solo download (e in autunno una versione in vinile). Quindi, basandosi solo su questo, dobbiamo ritornare alla vecchia cara recensione per chi non ha la possibilità di ascoltarlo.

Iniziamo con il dire che Horses Galloping on Sailboats è un album che crea un mondo a sé, non formalmente complesso, ma che necessita comunque di molteplici ascolti per essere compreso appieno. La scrittura, anche se può sembrare più semplice del solito, non è affatto scontata, tanto che, se possibile, questo sembra essere l'album più personale della band.

The Architect, dopo un preludio di frasi sussurrate sopra ad un tappeto musicale che prepara la tempesta, si impone immediatamente con un muro di suono potente con un Christopher Ruff mai stato così incisivo al canto. The Companion è un'insolita incursione funky con sonorità calde e rilassate che fanno da contraltare all'inizio tutto in tensione di The Architect. Qui viene fuori la versatilità del gruppo, anche perché il pezzo suona alquanto anomalo nell'unità dell'opera, ma allo stesso tempo fa tornare alla luce le vecchie influenze R&B che erano trasparite da Set Sail the Prairie. Pure The Middleman suona come qualcosa del passato, sembrando un incrocio tra i Water & Bodies e i vecchi Kaddisfly. The Watchmaker inizia come una furia con distorsioni e schitarrate torrenziali. La canzone in sé prende forma come un'incalzante ballad space-core alla Coheed and Cambria, per poi librarsi in un chorus liberatorio intriso di divagazioni vocali. Bellissima.

The Painter riprende quelle ritmiche vagamente caraibiche di Empire, così come l'aggressiva The Raconteur è in sintonia con il materiale prog hardcore di Set Sail the Prairie. The Butcher è caratterizzato da dei riff gravi di chitarra, a metà strada tra blues e gospel, caratteristiche sottolineate anche da un fraseggio acustico che fa molto southern rock. The Sage si apre su un basso insistente che poi farà da linea guida come bordone ad una canzone molto melodica che maschera una sottile fusion nelle sue armonie. Veramente suggestiva. E apre la strada a The Author che è davvero una brano straordinario, con ritmiche funk rock, accordi da bossa nova e un intermezzo prog: forse il miglior brano dell'album.

The Apparition è composta da tre sezioni, la prima ha forse il chorus più solenne che potrete trovare quest'anno, fatta di magici riverberi di chitarra e un muro di voci che cantano come se avessero avuto l'Illuminazione. Grandiosa è l'unica parola che mi viene in mente per descriverla, vorrei farvela ascoltare, davvero. La seconda parte è quasi una normale ballata grunge alla quale viene attaccata una coda strumentale che prende forma dagli accordi di questo pezzo, cresce fino ad una brusca cesura che chiude il brano con Ruff che sospira gli ultimi versi accompagnato solo da chitarra acustica e piano. Un perfetto congedo per questo travagliato ultimo capitolo che forse chiuderà per sempre la carriera del gruppo o sarà il preludio di un nuovo inizio. Per ora è bene non farsi certe domande, è il tempo di godersi questo album che ci ha messo fin troppo a vedere la luce.

P.S. Da che ho memoria è la prima volta che pubblico una recensione su questo blog priva di link e riferimenti musicali. In un'epoca di musica accessibile a tutti i Kaddisfly hanno agito in modo rivoluzionario, riportando il consumatore all'atto di fede: se vuoi ascoltare l'album lo devi comprare a scatola chiusa, come un tempo, devi fidarti dell'artista o, al limite, di questa recensione. Quindi vi chiedo, se siete incuriositi anche minimamente, di comprare Horses Galloping on Sailboats in versione digitale e non scaricarlo abusivamente, perché i Kaddisfly sono dei bravi ragazzi che producono musica in modo indipendente, la loro è arte onesta, non lo fanno per brama di notorietà, ma per passione e hanno un cuore d'oro. Vi dico solo questo per farvi capire chi sono i Kaddisfly: una parte dei guadagni di Set Sail the Prairie fu donata alla Mr. Holland Opus Foundation, organizzazione che promuove la musica nelle scuole. Quindi sostenete con il vostro contributo i Kaddisfly, se lo meritano.

http://youaretheend.com

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